"In un certo senso il comportamento emozionale è simile a quello di un albero. Quando un animale ha una ferita, le cellule si rigenerano ed essa si cicatrizza. (Possiamo militare in un partito politico, esserne delusi e poi, senza sentirci in colpa, difendere l'ideologia opposta.) Invece un albero non si rigenera, le sue ferite non si cicatrizzano: esse rimangono aperte per sempre, si nascondono soltanto sotto uno strato protettivo. La ferita così ricoperta rimane intatta e quando marcisce rischia di invadere tutto il tronco.
La vita dell'albero sta tutta in una pellicola di cellule, non più spessa di un foglio di carta, che gli cresce sotto la corteccia. E' la sua unica parte vivente. Il resto del tronco è formato da materia legnosa, una struttura morta che fa da supporto allo strato sottile in cui c'è la vita.
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Mentre assorbe le forze della terra, l'albero nutre con le proprie foglie, i rami secchi e tutta una serie di funghi che crea perché in seguito lo aiutino ad assimilare il nutrimento. Si instaura uno scambio di energia, ricezione e dono. Invece tra gli esseri umani ci capita di incontrare dei parassiti che chiedono soltanto. Succhiano una conoscenza, se la depositano nel cervello e non la condividono con nessuno, ma la tengono lì, senza trasformarla in sentimenti, come un escremento metafisico. In Giappone, ogni volta che si compra qualcosa, si riceve in cambio un piccolo regalo, perché nella tradizione popolare è considerato indegno prendere senza dare.
Ogni anno l'albero crea uno strato che circonda l'intero tronco. Se lo si taglia trasversalmente si possono osservare, sotto forma di anelli concentrici, quali sono stati gli anni buoni e quali i difficili, perché il passato diventa struttura. Se i dodici mesi sono stati piovosi, l'anello è spesso. Se sono stati aridi, l'anello è sottile... [...]
Un po' di tempo dopo essere stato tagliato, il legno, isolato dallo strato esterno, si corrompe. I batteri invadono la ferita e divorano il marciume, che cade a terra trasformandosi in polvere e nutre il terreno. Per questo esistono gli alberi cavi. Un albero cavo rimane vivo perché la sua vita si trova alla periferia, ma non avendo una struttura solida è più debole e potrebbe cadere da un momento all'altro. Quando ciò non accade, l'albero fabbrica delle radici interne che si nutrono del marciume. Interessante metafora: se coviamo nell'animo una profonda tristezza, potremmo farci spuntare delle radici emozionali che si nutrano di tale sentimento. Così la tristezza si trasforma in forza vitale... Diventiamo capaci di non rifiutare la ferita, la accettiamo con il suo dolore finché, trasformata in Coscienza, ci permette di alleviare la tristezza altrui. Quando l'albero subisce una lesione, non potendo cicatrizzare la interiorizza, accettando la sofferenza. Dal desiderio di espellere la sofferenza nascono la depressione, l'autodistruzione, l'abbattimento morale.
Se, invece, lasciamo affondare la sofferenza nel nostro intimo, essa diventa linfa di nuova vita."
(Alejandro Jodorowsky, Cabaret mistico.)
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Photo: Roberta Trani. 31 dicembre 2014, Grottaglie. |