giovedì 18 aprile 2013

Aprile, poesie e rifioriture.

[Così che ti ritrovi, in un pomeriggio d'aprile, sotto un cielo glicine. È tutto così incredibilmente forte, scuote e annoda lo stomaco. È tutto così incredibilmente bello. Mi meraviglio, ci penso. Un po' come se - dopo il sonno del sogno - si schiudessero i sorrisi al risveglio.]

IL GLICINE.

... e intanto era aprile,
e il glicine era qui, a rifiorire.
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Prepotente, feroce
rinasci, e di colpo, in una notte, copri
un intera parete appena alzata, il muro
principesco di un ocra
screpolato al nuovo sole che lo cuoce ...
E basti tu, col tuo profumo, oscuro,
caduco rampicante, a farmi puro
di storia come un verme, come un monaco:
e non lo voglio, mi rivolto – arido
nella mia nuova rabbia,
a puntellare lo scrostato intonaco
del mio nuovo edificio.
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Tu che brutale ritorni,
non ringiovanito, ma addirittura rinato,
furia della natura, dolcissima,
mi stronchi uomo già stroncato
da una serie di miserabili giorni,
ti sporgi sopra i miei riaperti abissi,
profumi vergine sul mio eclissi,
antica sensualità . . . . . . . . .



[La religione del mio tempo, Pier Paolo Pasolini]