e Kafka sorrideva e rispondeva: "Si fotografano delle cose per allontanarle dalla propria mente. Le mie storie sono un modo di chiudere gli occhi".
mercoledì 17 ottobre 2012
L'Attesa.
Lei se ne stava lì, seduta in panchina, al centro del suoi desideri a guardare, con la coda dell'occhio, tutto quel marasma di parole e sorrisi e vita che avrebbe voluto diventasse la sua. Se ne stava lì ad accendere, consumare e spegnere, in boccate di veleno, ogni minuto di speranza. Se ne stava lì, ferma e tremante, l'Attesa. È forse più che un nome una condanna, fin quando non decidi di cambiare nome e identità. Un solo nome non basta per chiamarmi, e l'Attesa già non basta più; per quanto il Nulla si faccia attendere, io non attendo più nessuno. Vedi? è già mattino, e c'è qualcosa di malato nell'alba di ogni coscienza: arriva improvvisa, dilata in tempo fino ad annullarlo; è il trasalire improvviso, è nausea. È andata così: fare le valige e partire. Via. Lontano da tutte le cose che hai aspettato nella speranza che accadessero. Via. Da me. Da te. Da voi. Da ogni coniugazione di questo nulla. Via.
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